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lunedì 28 gennaio 2013

Collaborare, pregare e soffrire per la parrocchia



Ama la tua Parrocchia- Papa Paolo VI



Collabora, prega e soffri per la tua parrocchia, perché devi considerarla come una madre a cui la Provvidenza ti ha affidato: chiedi a Dio che sia casa di famiglia fraterna e accogliente, casa aperta a tutti e al servizio di tutti.
Da' il tuo contributo di azione perché questo si realizzi in pienezza. Collabora, prega, soffri perché la tua parrocchia sia vera comunità di fede; rispetta i preti della tua parrocchia anche se avessero mille difetti: sono i delegati di Cristo per te. Guardali con l'occhio della fede, non accentuare i loro difetti, non giudicare con troppa facilità le loro miserie perché Dio perdoni a te le tue miserie. Prenditi carico dei loro bisogni, prega ogni giorno per loro.

Collabora, prega, soffri perché la tua parrocchia sia una vera comunità eucaristica, che l'Eucaristia sia "radice viva del suo edificarsi", non una radice secca, senza vita.

Partecipa all'Eucaristia, possibilmente nella tua parrocchia, con tutte le tue forze. Godi e sottolinea con tutti tutte le cose belle della tua parrocchia.
Non macchiarti mai la lingua accanendoti contro l'inerzia della tua parrocchia: invece rimboccati le maniche per fare tutto quello che ti viene richiesto.
Ricordati: i pettegolezzi, le ambizioni, la voglia di primeggiare, le rivalità sono parassiti della vita parrocchiale: detestali, combattili, non tollerarli mai!

La legge fondamentale del servizio è l'umiltà: non imporre le tue idee, non avere ambizioni, servi nell'umiltà. E accetta anche di essere messo da parte, se il bene di tutti, ad un certo momento, lo richiede. Solo, non incrociare le braccia, buttati invece nel lavoro più antipatico e più schivato da tutti, e non ti salti in mente di fondare un partito di opposizione!

Se il tuo parroco è possessivo e non lascia fare, non farne un dramma: la parrocchia non va a fondo per questo.
Ci sono sempre settori dove qualunque parroco ti lascia piena libertà di azione: la preghiera, i poveri, i malati, le persone sole ed emarginate. Basterebbe fossero vivi questi settori e la parrocchia diventerebbe viva.
La preghiera, poi, nessuno te la condiziona e te la può togliere.
Ricordati bene che, con l'umiltà e la carità, si può dire qualunque verità in parrocchia.

Spesso è l'arroganza e la presunzione che ferma ogni passo ed alza i muri. La mancanza di pazienza, qualche volta, crea il rigetto delle migliori iniziative.
Quando le cose non vanno, prova a puntare il dito contro te stesso, invece che contro il parroco o contro i tuoi preti o contro le situazioni.
Hai le tue responsabilità, hai i tuoi precisi doveri: se hai il coraggio di un'autocritica, severa e schietta, forse avrai una luce maggiore sui limiti degli altri.
Se la tua parrocchia fa pietà la colpa è anche tua: basta un pugno di gente volenterosa a fare una rivoluzione, basta un gruppo di gente decisa a tutto a dare un volto nuovo ad una parrocchia.

E prega incessantemente per la santità dei tuoi preti: sono i preti santi la ricchezza più straordinaria delle nostre parrocchie, sono i preti santi la salvezza dei nostri giovani.

(Papa Paolo VI


Nota modesta di molti laici : se i preti fossero non diciamo santi, ma quasi, anche noi lo diventeremmo più facilmente, o no?
            Collaboriamo tutti per il Regno di Dio!



domenica 27 gennaio 2013

La sfida della speranza nella catechesi



La sfida della Speranza, di don Tonino Bello

 Pecore senza pastore

“Transazione. Complessità. Crisi di valori…

Se la pastorale è l’arte di offrire risposte di salvezza ai bisogni che emergono qui e ora, è chiaro che variando continuamente la domanda, dovrà continuamente variare anche la risposta”.



“Se è lecita un’autocritica, dobbiamo dire che, come Chiesa, abbiamo denunciato molto, rinunciato poco o annunciato pochissimo. E’ ora di cominciare a denunciare dimeno, a rinunciare ed annunciare moltissimo”.



Partire dagli ultimi: non è l’ultimo ritrovato della inesauribile furbizia clericale che cerca spazio sul mercato della popolarità…Una chiesa povera, semplice,  mite.

Che sperimenta il travaglio umanissimo delle perplessità e della insicurezza. Non una Chiesa arrogante, che vuole rivincite, che attende il turno per le sue rivalse temporali. Ma una Chiesa disarmata…che sa convivere con la complessità. Che lava i piedi al mondo senza chiedergli nulla in contraccambio, neppure il prezzo di credere in Dio, o il pedaggio di andare alla Messa la domenica , o di una vita morale meno indegna e più in linea con Vangelo”.



“ Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza! Oggi dobbiamo rimboccarci le maniche e metterci, con umiltà e discrezione, accanto ai tanti indifferenti senza Dio, senza codici, senza lavoro, senza progetti, senza ideali. Di qui, la necessità di interrogarci su certe scelte pastorali, su cere operazioni che privilegiano più il salotto che la strada, più la vestaglia da camera che il bastone del pellegrino. Forse solo così ci predisporremo alla conversione, e benediremo le inquietudini che l’hanno provocata”.



    un sentiero da percorrere col bastone da pellegrino













un deserto da rinverdire

                     un fratello da ritrovare



tanti ragazzi da aiutare a diventare grandi


 








con parole di vera amicizia 






il popolo di Dio con cui comunicare e fare comuione    




Speriamo contro ogni speranza con una fede grande mettendoci dentro l'amore di Dio per l'uomo     






   

sabato 19 gennaio 2013

GESU' che sta passando propio qui'

Catechista in cammino, dove? come?





Da dove si parte? Dove si vuole arrivare?


 Certamente, assieme al parroco e a tutti gli altri operatori di catechesi, nelle riunioni di preparazione per il nuovo anno catechistico si è fatto un programma di viaggio.
Evitare di partire allo sbaraglio…insistere col parroco per questa preparazione. Tenere presente che il programma deve contenere storia della salvezza, messaggio evangelico e liturgia.

Sarebbe bene nel primo incontro con i ragazzi farsi conoscere: catechista e ragazzi si presentano, si parla di cosa si vuol fare e cosa si aspettano i ragazzi, cosa vogliono. Azione importante per capire se occorre fare qualche cambiamento al programma stabilito a tavolino.

Presentare e decidere ciò che si vuol fare durante l’anno. Sarebbe opportuno avere una bacheca dove tracciare il cammino con le tappe da percorrere nell’anno. Di volta in volta, a turno, un ragazzo segnerà e scriverà sopra, il tema trattato in modo da tenere sempre presente il percorso fatto, ogni incontro una tappa. Ogni tanto ci si ferma in una piazzuola, per riflettere, guardare, giudicare il percorso fatto.

La catechesi oggi deve abbracciare un più ampio percorso di formazione: deve insegnare cosa significa essere uomini buoni, qual è la nostra storia, chi è il cristiano e come si diventa cristiani, come si vive da cristiani nel quotidiano dando un senso alle scelte cristiane rispetto al comune vivere di tutti.
Sia sempre chiara la meta da raggiungere: la conoscenza di Gesù vero uomo e vero Dio per imitarlo, seguirlo essendo Lui il nostro Redentore che ci porta al Padre.


Alcune cose da tenere sempre presenti:

-          Il catechista non deve sembrare un insegnante, ma un fratello, una sorella maggiore che comunica con fratelli più piccoli: essere in famiglia.



-          Il catechista percorre, esperimenta in se stesso il cammino di fede assieme ai ragazzi, intraprende assieme a loro un cammino di formazione, impara il suo comportamento dall’esperienza che farà fare.



-          Il catechista deve perseverare con pazienza e comprensione: i bambini, i ragazzi imparano cogli occhi, sono intuitivi, ci guardano e osservano più e meglio di noi.



-          Il catechista presta attenzione ai suoi ascoltatori: i bambini, i ragazzi non sono tutti uguali.

Comunicare con loro vuol dire saper entrare nel loro mondo in silenzio per ascoltare prima di parlare.



La catechesi illumina le molteplici situazioni della vita, preparando ciascuno a scoprire e a vivere la sua vocazione cristiana nel mondo. Infatti, crescendo nella conoscenza di Cristo mediante la fede, ciascuno fa proprio il pensiero di Lui, i suoi giudizi, la sua volontà, la sua croce e la sua gloria, in una operosa vita di carità. D’altro lato, l’esperienza cristiana della vita conferma la fede e apre la coscienza a nuovo desiderio di conoscere e amare il Signore e di rendergli testimonianza”. ( Rinnov.Catechesi, 33)


 Il tuo primo maestro è Gesù.

“ Di fronte ai nodi che oggi caratterizzano la sfida educativa, ci mettiamo ancora una volta alla scuola di Gesù. Lo facciamo con grande fiducia, sapendo che egli è il Maestro buono (Mc 10,17), che ha parlato e ha agito, mostrando nella vita il suo insegnamento. Nel gesto della lavanda dei piedi dei suoi discepoli, nell’ora in cui li amò sino alla fine, egli si presenta ancora come colui che ci educa con la sua stessa vita (cfr Gv13,14) “ (Ed. alla vita buona del vangelo cap.2,16).



 Gesù è stato il primo catechista, catechista itinerante: durante tutta la sua predicazione egli annuncia svelando agli uomini il Regno di Dio,

 l’amore di un Padre buono, misericordioso,

dà un senso alla storia dell’uomo fondato sull’amore e sulla giustizia,

annuncia e dà la sua vita per amore.

Gesù non illude nessuno: annuncia che la conquista del Regno di Dio avviene attraverso la croce, sofferenza subita e accettata con amore e per amore degli altri a causa della debolezza umana.



Gli insegnamenti di Gesù, i Vangeli, sono il primo libro del catechista e congiuntamente tutte le Sacre Scritture per conoscere la nostra storia di seguaci di Gesù, e prima ancora pensati dal Padre nel suo progetto di salvezza, le sue leggi e la sua volontà.

Nei Vangeli troviamo tutta la sapienza di Dio che Gesù ci ha trasmesso: ogni brano, ogni parola, ogni personaggio, ogni dialogo, preghiera, ogni scena, ogni sguardo, gesto, ogni sentimento trasmettono verità di vita. Acquisire queste verità nella propria vita e trasmetterle è il compito del catechista. Il catechista trasmette vita, la vita di Gesù come inviato di Dio, il Maestro che insegnava facendosi interprete delle ansie degli uomini, delle folle che lo seguivano e di ognuno in particolare cogliendo anche bisogni inespressi.

E’ Gesù il maestro alla cui scuola riscoprire il compito di ogni cristiano e la sua vocazione particolare: il catechista alla sua scuola impara ad essere come Lui, come il maestro innamorato di Dio e degli uomini per compiere una missione speciale.

  La formazione deve portare a conoscere Gesù, a decidersi per lui per donarlo agli altri.

“Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, nutrire e guidare la mentalità di fede: questa è la missione fondamentale di chi fa catechesi a nome della Chiesa. (Rinnov.Catechesi, d.38).



Il catechista ha un progetto da disegnare e portare avanti con intelligenza e costanza; sempre pronto ad eventuali modifiche secondo le esigenze dei destinatari.



 “ Nella pratica pastorale, ogni forma di predicazione tende ad essere piena testimonianza della parola di Dio, con accentuazioni di volta in volta particolari. La catechesi non spegne, ma sostiene la letizia del primo annuncio…L’esplicazione sistematica della fede è memoria degli eventi e delle parole della salvezza, santificazione in atto per ciascuno, annuncio della piena comunione con Dio nella vita eterna”. (id. 37)


Il catechista è un fantasista, non un mago: tiene sveglia l’attenzione, cura ogni particolare, non trascura nessuno, in ogni cosa sa mettere una goccia d’amore, crea entusiasmo donando se stesso.

Come Giovanni Battista l’operatore di catechesi deve mostrare Gesù in modo che la sua testimonianza di fede sia convincente affinché chi ascolta possa diventare discepolo di Gesù.



Come Gesù che interroga: “ Che cosa cercate?” (Giov 1,38) per suscitare e riconoscere un desiderio.  Egli è il maestro che fa appello alla libertà e a ciò che di più autentico abita nel cuore, facendone emergere il desiderio inespresso. “Maestro, dove dimori?”, a cui segue una risposta che è un invito “Venite e vedrete” che suscita un incontro per iniziare un’esperienza da condividere. Rimasero con lui accettando la sfida.



Come Gesù, l’operatore di catechesi, il catechista sa invitare alla perseveranza suscitando risposte sincere di attaccamento alla Parola udita, Gesù: “Signore , da chi andremo? Solo tu hai parole di vita eterna”.



Come Gesù che lavando i piedi ai discepoli, rovescia i rapporti abituali tra maestro e discepoli, tra padrone e servo. Il servire diventa un gesto d’amore: “ Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Giov 13,34).

  “Maestro, dove dimori?”    “Venite e vedrete”  
Suscitare un incontro per iniziare un'esperienza da condividere...





martedì 15 gennaio 2013

Ma perché proprio io? Sì, perchè?



Te lo sarai chiesto più di una volta…

                Perché proprio io?



Nella Bibbia, nella parola di Dio troveremo sempre una risposta alle nostre domande, a volte semplici, altre volte complicate soprattutto quando riguardano le nostre scelte in momenti di crisi umane e spirituali.

Noi cristiani, abbiamo una storia lunghissima, storia legata all’intervento di Dio in essa, a favore dell’uomo creato a sua immagine e somiglianza, creatura prediletta benché testarda, peccatrice, spesso idolatra.

Avendo Dio creato l’uomo per la felicità, dopo la ribellione di Adamo ed Eva, non ritirò quel dono che mise nel profondo della sua anima, aspirazione al meglio, alla divinità. Dio intervenne e interviene nella vita umana per indirizzarla verso l’ultimo destino dell’uomo, l’eternità felice in Lui.



Per volere di Dio l’uomo si moltiplicò, ma quel rapporto di dialogo a tu per tu del paradiso terrestre rimase interrotto.

Quando il Pedagogo divino ritenne, per quanto ci è stato tramandato, incominciò a servirsi di uomini per parlare agli altri uomini. Scelse un uomo, Abramo, e la sua famiglia per formare un popolo a cui dedicarsi e dal quale fare giungere la salvezza a tutte le nazioni.



Nella nostra storia passata incontriamo Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Samuele, Davide e tanti profeti chiamati e inviati a parlare ad un popolo voluto e curato direttamente da Dio; tanti scrittori che tramandassero ai posteri la grande entrata di Dio nella storia umana, fino ad arrivare a Gesù che viene a completare l’antica alleanza tra Dio e uomo e rinnovandola con una nuova Alleanza, quella basata sull’amore.



 Questa lunga storia, è chiamata storia della salvezza: è Dio che opera in questa storia, che l’ha scritta a memoria futura delle meraviglie da lui operate in favore dei suoi beniamini, gli uomini.

Gli interventi di Dio, dopo Gesù, continuano ad essere scritti in ogni cuore di buona volontà e nella storia della Chiesa, comunità dei credenti.



Dio si serve di uomini, che sceglie tra tanti, per delle missioni particolari, uomini che a volte contestano la chiamata, ma che poi accettano ed eseguono il mandato anche in mezzo a tante difficoltà e persecuzioni e spesso la morte cruenta. Uomini scelti da Dio, con una storia personale posti ad esempio e imitazione di tutti quelli che riceveranno il messaggio divino e che vogliono imitare Gesù.



Gesù è l’inviato speciale con una missione che nessun altro uomo avrebbe potuto compiere. Gesù è la nuova ed ultima rivelazione di Dio all’uomo; la sua persona è segno, diventa via, verità e vita.

Gesù è inviato dal Padre per dare una svolta definitiva, sicura, al cammino dell’uomo verso l’eternità beata. Seguendo la volontà del Padre, al quale, per nostro esempio sempre si rivolge nella preghiera, Gesù sceglie degli uomini ai quali trasmettere il disegno di salvezza per continuare a loro volta la missione dopo di lui.



“ Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre mio nel mio nome, ve lo conceda: Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri” ( Giov 15,26-17.)



Non si sceglie di diventare catechisti, ma si risponde ad un invito di Dio: “ Il catechista è un consacrato e inviato da Cristo per mezzo della Chiesa”. (RdC 185)



Il Catechista è associato al suo Vescovo e al suo ministero, è inviato da lui perché siano “ suoi collaboratori insieme ai sacerdoti, per edificare la Chiesa e nutrire la fede dei credenti. Senza questa comunione con il vescovo nessuna catechesi, fosse anche la più affascinante e bella per noi, raggiungerà mai la sua efficacia” (Mons. Cesare Nosiglia, idem).



Se il parroco un giorno ti ha chiamato e ti ha fatto una proposta per diventare catechista non è stato un caso: Dio ha guidato il tuo parroco, Dio ha chiesto a te se volevi dargli una mano, di guardare al mondo in modo diverso con gli occhi suoi, con lo stesso suo amore.

                                                                                 

 “ Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: la messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate il Signore delle messe, perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,36-38.)

Le parole di Gesù nascono dalla compassione nella consapevolezza che quelle folle, forse, non lo vedranno più a causa dei suoi continui spostamenti.

Gesù intravede la necessità di molti altri che si interessino a loro. Invita alla preghiera per nuovi operai. Tutti siamo chiamati alla collaborazione della creazione del Regno dei cieli con i ministri da Dio inviati con chiamata speciale. Se insistentemente preghiamo più facilmente otterremo.



 “ Poi udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?”, E io risposi: “ Eccomi, manda me!”.Egli disse: “Va’ e riferisci a questo popolo”.

E’ l’inizio della chiamata alla missione del profeta Isaia.

Dio accetta la disponibilità, la collaborazione, premia la buona volontà ( Is 6,8-9).



Se sfogliamo le pagine dei vangeli per osservare più da vicino la personalità degli apostoli e dei primi discepoli che Gesù volle con sé, notiamo che erano persone normali, spesso dei poveri uomini, gente semplice, dura a capire, timorosa, qualche volta ambiziosa, in altre occasioni presi da facile entusiasmo, e quando Gesù stava per morire lo lasciarono solo.

Con questi uomini Gesù fonda la Chiesa, uomini come loro Gesù continua a chiamare. Aveva detto loro:

                        “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,

                        battezzandoli nel nome del Padre, dl Figlio e dello Spirito Santo,

                        insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.

                        Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del modo”. ( Mt 28,19-20)



Nella grande famiglia della Chiesa vi sono molte mansioni: ognuno è chiamato per qualcosa secondo i propri carismi e possibilità, ogni credente è chiamato a dare un contributo per la crescita della comunità cristiana.



Pensiamo di potere essere esclusi da Gesù o essere chiamati da lui? O pensiamo perché proprio io?

Sì, perché proprio io sono chiamato ad annunciare la sua parola?



E’ lui che sceglie in occasioni che spesso non dicono nulla, non significano niente: solo nel silenzio della preghiera, nella perseveranza dei compiti si troverà la risposta al nostro assenso.



Perché proprio io?



Sì, proprio tu! perché è proprio Lui che ti ha chiamato, che ha creduto in te, vuole che parli al mondo di Lui. Ti assisterà e ti sarà sempre vicino.


Sei un privilegiato! Non sei tu che hai scelto LUI: ricordalo sempre!


sabato 12 gennaio 2013

Sei stato/a chiamato/a ad annunciare Gesù



Hai ricevuto un invito speciale e hai detto di sì



Hai risposto alla chiamata del parroco, hai detto di sì, vuoi essere catechista, annunciare il vangelo.



Hai la gioia dentro il cuore, tremi un po’! Sai che hai ricevuto una chiamata particolare.



Da oggi hai davanti a te:

-          una comunità, dei ragazzi e le loro famiglie con cui collaborare e fare i conti;

-          dei collaboratori, dei colleghi, il parroco;



ti aspetta un futuro da scoprire, devi superare la sorpresa e sorprendere.






Accettando il compito, rispondendo ad una chiamata, si compie un gesto importante: si risponde ad un invito del Signore a svolgere un servizio nella comunità ecclesiale, un servizio con fede e generosità. Vuol dire comprendere l’importanza di comunicare alle nuove generazioni, si tratta di bambini e ragazzi, la fede in Dio, essere un testimone nella comunità.



Non correre! Impara a camminare!



Il nuovo compito colloca l’operatore di catechesi in un posto di responsabilità. Da questa posizione bisogna dare continuamente uno sguardo attorno a noi: vuol dire conoscere quella parte di mondo che ci è stata affidata, un mondo in continua trasformazione, per non rimanere spaesati di fronte ad un inspiegabile imprevisto, e guai avere nostalgie del passato. Cambiano i mezzi di comunicazione, cambia il modo di essere e di volere, cambiano le famiglie, cambiamo noi stessi…

Un dialogo, un confronto continuo s’impone con questo mondo e soprattutto con i ragazzi, con gli altri catechisti, con i genitori coinvolgendo tutti nel cammino di fede, non indottrinamento dunque. Questo vuol dire sottomettersi ad un continuo rinnovamento, continuare la propria formazione umana e religiosa, diventare specialista della parola e dell’amore.

              

Cambiamento



Dal primo incontro col parroco e con gli altri operatori e successivamente con i ragazzi, capita che ci si senta diversi, non più come prima. Si avverte la responsabilità, la gioia, il bisogno di pregare, e anche perplessità, dubbio, un senso di debolezza: ce la farò?

Ci si guarda dentro e ci si interroga, cerchiamo delle soluzioni che non sappiamo se saranno quelle giuste, affidiamo al futuro prossimo le certezze presenti e future.



Il catechista, l’operatore di catechesi, supererà questi dubbi se:



- prima di tutto sarà una persona innamorata di Gesù e disposta a dare il meglio di se stesso per comunicare la stessa fede che appassiona la sua vita.



- sa misurarsi con le proprie capacità e doti, rinnovandosi, se occorre, con tentativi nuovi con lo scopo di coinvolgere i ragazzi della sua passione e coinvolgerli prendendosi cura di ogni ragazzo.



- sa andare oltre la catechesi coinvolgendo tutta la persona, partendo dal vissuto per rileggere, animare, far rivivere l’esistenza umana sia come uomini sia come cristiani.



- sa cambiare se stesso continuamente, avendo cura di approfondire la propria fede; rinnovare la metodologia del suo lavoro finalizzata alla comunicazione con i ragazzi: ascoltare, incoraggiare, consolare, condurli per mano creando rapporti liberi e di non dipendenza.



- non dà nulla per scontato: oggi il mondo si aspetta meno verità e più vita, occorre condurre la fede al suo cuore, all’essenziale; definire atteggiamenti concreti con cui esprimere adesione a certi valori, in sostanza, riavvicinare la vita al vangelo e il vangelo all’uomo e alla sua storia.



- sa lavorare in gruppo collaborando con i colleghi, collaborazione che deve manifestarsi, apparire all’esterno non a modo dei farisei, ma di fratelli che vivono e si adoperano per gli altri nel nome di Gesù.



- sa pregare, prega assieme ai ragazzi per stare in contatto con quel Gesù che annuncia.



- sa di appartenere ad una grande comunità, la Chiesa voluta da Gesù, “luogo e segno della permanenza di Gesù Cristo nella storia” ( educare alla Buona vita del vangelo, 20), e in particolare presta la sua opera in una comunità particolare che deve cercare di conoscere bene.


“ Voi catechisti siate i narratori delle mirabili opere di Dio che affascinano gli altri con la passione e l’entusiasmo con cui comunicano la loro viva esperienza del Dio vivente, dell’incontro con Gesù Cristo e con le verità rivelate da lui alla sua Chiesa(Mons. Cesare Nosiglia, al convegno diocesano dei catechisti 28 maggio 2011.

Chiunque chiamato da Dio, chiunque a cui Dio ha dato la vocazionee di manifestarlo ai fratelli, piccoli o grandi deve vivere di Dio.


mercoledì 9 gennaio 2013

Chiamati ad annunciare oggi Gesù ignorato!





“ In ogni epoca il Signore si affida a qualche coraggioso, capace o meno, a qualcuno che non pensa a se stesso, che non bada a se stesso ma va, senza sapere dove, guidato dal Signore".



San Paolo, scrivendo ai Romani, si domanda, ci domanda:



“Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.

Ora come invocheranno colui nel quale non hanno potuto credere?

Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare?

Come ne sentiranno senza qualcuno che lo annunci?

E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?

Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!”. (Rom 10,13-15)



Chiunque: tutti gli uomini devono arrivare ad invocare il nome del Signore. L’amore di Dio è rivolto ad ogni uomo, tutti hanno il diritto-dovere di credere nel suo amore attraverso l’annuncio di coloro che sono stati inviati: gli apostoli e i discepoli che per primi hanno ricevuto il messaggio direttamente da Gesù e tutti coloro che nel tempo sono stati o saranno chiamati ed inviati ad annunciare il Vangelo.



L’annuncio: cosa o chi annunciare?

Anche per questa domanda ci risponde l’apostolo Paolo: “ Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo Crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza con molto timore e trepidazione” ( 1 Cor 2,1-3.)



L’annuncio del mistero di Dio per mezzo di Gesù Cristo, e Cristo Crocifisso: mistero per tutto quanto non ci è stato rivelato, mistero perché la nostra mente non può comprendere, mistero che, se conosciuto, escluderebbe la nostra libertà, mistero a noi rivelato solo in parte attraverso gli interventi di Dio nella storia e per ultimo da Gesù, figlio di Dio fatto uomo.

Il mistero di Dio in Gesù Cristo e Cristo crocifisso, ecco l’annuncio. Gesù, ultimo dei profeti, figlio di Dio, completa tutte le rivelazioni precedenti. Rivelazioni che possiamo riassumere nella rivelazione del comandamento dell’amore, (Dio è amore e vuole essere amato), e nella rivelazione della Croce ( l’amico disposto a dare la propria vita per l’amico).



Inviati



 Ogni cristiano é chiamato a diffondere queste due realtà, Dio Amore e Gesù Crocifisso, con molto timore e trepidazione, con rispetto, con religiosità, sapendo di dover consegnare, trasmettere con la propria vita qualcosa di importante, prezioso, sacro, essere lui stesso manifestazione vivente dell’amore di Dio e delle sofferenze di Gesù. Ogni cristiano è un testimone di Gesù.



Dio ha sempre scelto nella sua pedagogia divina degli uomini che si facessero portatori della sua volontà salvifica iniziando con Abramo, Isacco, Giacobbe e poi con Mosè e i profeti.

 Gesù chiama gli Apostoli e i suoi discepoli e successivamente i vescovi e i loro collaboratori, per “piantare e irrigare”. Collaboratori vuol dire lavorare con, assieme: diversi ministeri ma tutti partecipi responsabili all’azione di redenzione voluta da Gesù.



Uomini con tutte le debolezze della natura umana che confidano nell’aiuto divino, consapevoli che da soli non farebbero molta strada.

Uomini attenti all’amore di Dio e pronti ad amare, a servire, a rispettare la libertà degli altri, pronti all’ascolto, felici per le scelte buone degli altri, lieti nel cedere il passo ad altri e di collaborare umilmente per costruire il Regno dei cieli.



 “ Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo”.  (1Cor 3,10-12)



 “ Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio e voi siete il campo di Dio, edificio di Dio” (1 Cor 3,8-9.)



I catechisti, gli operatori di catechesi vengono ad inserirsi tra i collaboratori di Dio assieme ai vescovi e sacerdoti, ai genitori; sono coloro che “irrigano” e fanno crescere l’edificio di Dio, rendono fruttuoso e bello il campo di Dio, secondo lo stile di Gesù.

Il catechista possiede “l’amore di Dio e da lui è spinto” (2Cor 5,14) . “ In nome di Cristo siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta” (2Cor 5,20); per lui “il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21).



Mai dire: è difficile



Il catechista, operatore pastorale, è uno che si scopre dentro il progetto di Dio e dà la sua disponibilità a seguirlo, si sente mandato ad annunciare l’amore di Dio, agisce nella comunità e per la comunità e in essa verifica e confronta costantemente la sua azione pastorale.



“ Voi catechisti siete i narratori delle mirabili opere di Dio che affascinano gli altri con la passione e l’entusiasmo con cui comunicano la loro viva esperienza del Dio vivente, dell’incontro con Gesù Cristo e con le verità rivelate da lui alla sua Chiesa” (Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino in “ Chi fa catechesi ha bisogno di catechesi”).



“ In ogni epoca il Signore si affida a qualche coraggioso, capace o meno, a qualcuno che non pensa a se stesso, che non bada a se stesso ma va, senza sapere dove, guidato dal Signore. Il Signore espande il suo amore proprio attraverso quest’uomo o questa donna che accettano di andare.

La nostra epoca difficile ha bisogno di persone semplici, caparbie, che forse hanno capito meno di altre, ma che hanno permesso al Signore di entrare nel loro cuore, si sono fidate e sono andate”. ( Ernesto Olivero in “Il lungo cammino verso Dio”).



Forse tutte queste parole sembrano una bella teoria a cui far seguire una pratica sarà considerato da qualcuno difficile in un mondo impossibile perché scristianizzato, con poca fede e sempre più lontano.



Chi erano gli apostoli e i discepoli di Gesù? Poveri uomini comuni, poco istruiti. Ebrei che sì aspettavano un messia, ma diverso, uno che li avrebbe liberati dal dominio straniero. Uomini, nonostante i prodigi di Gesù, i segni della sua divinità, hanno avuto bisogno per credere e buttarsi nell’avventura evangelica parecchio tempo con la venuta dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste.



Erano stati chiamati da Gesù come oggi ogni operatore di catechesi. Non siamo noi che scegliamo Gesù, ma è Lui che sceglie chi vuole, ed è sempre Lui che ha promesso assistenza, che non ci lascerà mai soli: lo Spirito Santo assiste la Chiesa fino alla fine dei secoli.

“ Lo Spirito Santo forma il cristiano secondo i sentimenti di Cristo, guida alla verità tutta intera, illumina le menti, infonde l’amore nei cuori, fortifica i corpi deboli, apre alla conoscenza del Padre e del Figlio, e dà a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità” ( Ed. alla vita buona del vangelo, 22.)



Il catechista è uomo di fede e di speranza: la fede che abbiamo ricevuto gratuitamente ha bisogno della nostra fiducia, di tutta la nostra fiducia in Gesù unita ad una speranza che “ crede contro ogni speranza” e alla carità, amore di Dio che non delude mai: solo così potremo contribuire alla crescita spirituale delle nuove generazioni.

Camminiamo tutti su una grande barca: guai a vedere il “fantasma” nella notte e nella tempesta come gli apostoli: Lui, Gesù ci aiuterà a superare gli ostacoli.






martedì 8 gennaio 2013

Catechista: la Chiesa di Gesù oggi ti chiede chi sei e chi potrai essere…



Non è più tempo per stare a guardare, ma cercare l’altro

per camminare insieme






La  Conferenza episcopale italiana ha presentato un programma di catechesi per un decennio di pastorale (2010-2020) per un rinnovamento, per evangelizzare in modo diverso, o come dice il titolo “educare alla vita buona del Vangelo”.

Ma cosa vuol dire “educare alla vita buona del Vangelo”?
Chi educa chi? L’uomo di oggi non accetta certe imposizioni, per lui l’autorità sia civile che religiosa in ogni campo perdono terreno e credibilità.

Sarebbe piaciuto per esempio: Cerchiamo insieme la vita buona del Vangelo, Riscopriamo la vita buona del Vangelo, Edifichiamoci con la vita buona del Vangelo…


Il Papa, i vescovi sono maestri della dottrina di Gesù, è loro compito e missione dare degli orientamenti nelle comunità dove sono stati chiamati ad essere pastori assieme ai loro ministri e collaboratori, senza dimenticare quella parte “laica”, spesso considerata manovalanza, ma che può e deve avere un ruolo importante nella ricerca della vita buona del vangelo, diventando anche loro protagonisti e testimoni.
Spesso sono manovalanza i laici che partecipano al consiglio pastorale parrocchiale, i catechisti che devono arrangiarsi in qualche modo per quell’ora di catechesi, i gruppetti parrocchiali che qualcosa cercano di fare ma senza influenza nella comunità…



Il documento CEI nell’introduzione punto 6 dice: “Invitiamo specialmente i presbiteri e quanti condividono con loro il servizio e la responsabilità educativa ad accogliere con cuore aperto questi orientamenti: essi non intendono aggiungere cosa a cosa, ma stimolano a esplicitare le potenzialità educative già presenti, aprendosi con coraggio alla fantasia dello Spirito e al soffio della missione. Solo una educazione che aiuti a penetrare il senso della realtà, valorizzandone tutte le dimensioni, consente di immettervi germi di risurrezione capaci di rendere buona la vita, di superare il ripiegamento su di sé, la frammentazione e il vuoto di senso che affliggono la nostra società”.



 Molte parrocchie conservano ancora le vecchie usanze per quel dieci per cento di credenti che frequentano ancora: precedenza ai sacramenti, evitare il peccato, predicare sempre ciò che si deve fare o evitare, mentre assistiamo ad un continuo allontanamento di molti, soprattutto giovani che scompaiono quasi tutti dopo aver ricevuto la cresima, una pastorale conservatrice della tradizione popolare, che non guarda ai segni dei tempi come chiedeva e chiede ancora il Concilio Ecumenico Vaticano II: attenzione all’uomo, alla famiglia!

 
A questo punto tante  domande vengono in mente:

che ruolo avranno i laici in questo rinnovamento? Abbiamo laici preparati che hanno vissuto in prima linea e con delega responsabile una sana pastorale?

I consigli pastorali saranno chiamati ad esporre i loro pareri, le loro critiche, le loro aspirazioni, a partecipare attivamente?

Chi ascolterà i catechisti e i vari operatori di catechesi? Chi interpellerà le famiglie?

 Chi andrà a cercare i giovani per ascoltare le loro ansie, le loro aspettative, i loro malumori, i loro dinieghi, per stare insieme a loro e condividere la propria fede?

Staremo a vedere e, per quanto sarà possibile, chi ci crede non dovrà stare zitto.


Per questo “chi educa chi”? in un’epoca in cui tutti, se impegnati, vogliamo e dobbiamo dare il contributo con i doni e carismi ricevuti dallo Spirito Santo.
In tutte queste domande e molte altre che potremmo fare, cosa pensiamo di scoprire per poi dare inizio ad un lavoro d’insieme, a piccoli passi, per cercare la vita buona del Vangelo?
Riusciremo a scoprire quel richiamo divino che è in ognuno di noi, fin dalla creazione, quando Dio ci creò a sua immagine e somiglianza?
Riusciremo a comprendere che Dio si fa conoscere dall’uomo più per quello che fa per noi che per quello che veramente è, capire veramente e abbracciare l’amore di Dio per l’uomo?


Riusciremo a leggere le Scritture e i vangeli cercando di capire, assimilare il comportamento di Dio e di Gesù quale insegnamento pratico pedagogico per il nostro lavoro di una nuova evangelizzazione, un nuovo modo di avvicinarsi agli altri fratelli e condividere con loro il cammino nel rispetto della loro libertà?



Saremo capaci di incominciare umilmente una nuova formazione, dimenticando quello che siamo stati? Riusciremo tutti insiemi ad innamorarci di Dio attraverso la Parola per diventare cristiani veri, discepoli di Gesù? “ Chi accoglie i miei comandamenti, questi mi ama” (Giov 14,21). Riusciremo a parlare con il cuore prima che con l’intelligenza?


Bisognerà prestare attenzione alle persone che vogliamo coinvolgere nella vita buona del vangelo, conoscerle, ascoltarle, capirle prima di inculcare delle verità che non possono capire, che non vogliono accettare perché in contraddizione a quanto loro hanno sempre creduto sinceramente e con retta coscienza, ovvero sono rimaste nell’ignoranza della vera fede senza capire che essere cristiani è vivere seguendo Gesù che si è fatto uomo come noi per attirarci al Padre, che è rimasto con noi nello Spirito e che verrà nella gloria per dare al mondo una vita eterna felice.




E qui parliamo di tutto il popolo cristiano vicino e lontano, bisognoso di un nuovo approccio alla vita buona del Vangelo di cui siamo alla ricerca.
Non dovrebbe essere questo un punto di partenza di ricerca per creare un po’ alla volta il “noi” di comunità cristiana che oggi non esiste più, prevalendo un individualismo tremendamente esagerato in molte attività parrocchiali? Sì, le pratiche educative, pastorali, devono in molte parrocchie cambiare e diventare un credere, un fare insieme, un crescere e vivere insieme la carità.



C’è bisogno di giovani/e catechisti rinnovati, disponibili all’ascolto, al dialogo, a camminare insieme, a condividere la propria vita, le sfide e le provocazioni con spirito di amicizia e fratellanza. C’è bisogno di uomini e donne, mariti e mogli che aiutino  attraverso la testimonianza delle proprie famiglie a far crescere il piccolo popolo di Dio di cui fanno parte.



Non bisogna stare a guardare, ma andare a cercare l’atro, gli altri per camminare insieme, fare diventare il Vangelo itinerante, sempre in camminino verso e con l’uomo.





E’ urgente che i ragazzi possano avere degli interlocutori disponibili ad ascoltarli e a camminare con loro, condividendone le aspirazioni e le domande, le sfide e le provocazioni con spirito non paternalistico ( e autoritario), ma amicale e sereno…