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venerdì 31 luglio 2015

Ancora un articolo sulla famiglia, sulla sua importanza e sua missione



Famiglia: realtà che conta

di Pino Pellegrino, in Bollettino Salesiano di luglio-agosto 2015



Gli anni passati in famiglia sono gli anni delle radici, gli anni che hanno il futuro in tasca.
Lo sapevate che il 50% dello sviluppo dell'intelligenza del bambino si verifica tra il concepimento ed i quattro anni di età circa il 30% tra i quattro e gli otto anni, il 20% tra gli otto ed i diciassette anni? Lo sapevate che il 33%delle parole vengono imparate tra la nascita e i sei anni, il 22% tra i sei e i tredici, il 25% tra i tredici e i diciassette? Lo sapevate che sui 2-3 anni il bambino costruisce (in base a ciò che dicono di lui il padre e la madre) la prima immagine del proprio io che non è una fotografia e basta, ma un condizionamento ad agire che porterà sempre con sé? L'autostima, una delle principali forze della crescita, parte dall'infanzia.

Ecco: basta il poco detto per farci intuire che gli anni passati in famiglia sono gli anni delle radici, gli anni che hanno il futuro in tasca! In Persia dicono: “Se hai piantato un cardo, non aspettarti che nasca un gelsomino”. In Svezia dicono: “Ciò che Pierino non impara, Pietro non lo imparerà mai!”.
Noi diciamo: la vita è come una lunga addizione. Nell'addizione basta sbagliare la somma dei primi numeri per continuare a sbagliare fino alla fine!

Gli anni della valigetta invisibile
È chiaro perché la famiglia è realtà che conta, tanto quanto contano i primi anni passati in famiglia.
In essi, si struttura la base della nostra vita psichica in tutti i suoi aspetti: da quello intellettivo, come abbiamo detto, a quello comunicativo, a quello dell'identità personale, non solo ma anche (e soprattutto!) a quello affettivo. Nell'infanzia (nella famiglia!) si forma la valigetta invisibile che farà sempre sentire la sua influenza.

In quella valigetta vi è di tutto: cose belle e buone, cose cattive e dannose.
Vi sono i sorrisi dei genitori, le coccole dei nonni, vi è il ricordo della pizza mangiata con la mamma ed il papà, vi è la festa dell'onomastico o del compleanno, vi è il bel tempo o il cattivo tempo in famiglia; vi sono i castighi, le urla, le nostre ripicche.
Ecco la valigetta invisibile con i suoi tesori e le sue zavorre, con le sue perle e i suoi sassi.
Ecco la famosa valigetta che, anche volendo, non si perde mai, perché l'infanzia la si porta con sé per tutta la vita.
Aveva ragione Sigmund Freud (1856-1939), il padre della psicanalisi, a dire che “Il bambino è il padre dell'uomo”.
Ebbene, se il bambino è il padre, la famiglia è la madre. Ciò spiega perché la latitanza del grembo familiare ha conseguenze devastanti. Vi sono bambini che entrano nella Scuola dell'Infanzia già con il piede sbagliato. Dunque - lo diciamo di passaggio - accusare la scuola, incolpare gli insegnanti, non è sempre onesto, se ha ragione lo psichiatra Paolo Crepet (1951): «I nostri ultimi studi dicono che un bambino su quattro soffre di un forte disagio psicologico, con fenomeni che vanno dalla depressione all'anoressia, dall'autolesionismo all'aggressione. All'origine del malessere c'è la famiglia spezzata!».

La latitanza del grembo familiare ha le stesse pesanti conseguenze su tutto il pianeta: è la prova che più ne dimostra la sua importanza. Negli Stati Uniti, ad esempio, è allarme rosso. Ragazzini di 10, 11 anni vanno in giro per strada sparando e ammazzando ragazzi di bande rivali. L'America è sconvolta. Il numero degli omicidi commessi da minori è aumentato, negli ultimi anni, dell'85% .
Questo perché, secondo i competenti, non vi è più una vera famiglia: 27 bambini su 100, sotto i tre anni, abitano con un solo genitore.

Anche in Inghilterra si pensa che la causa del disordine sociale sia lo sbandamento della famiglia.
«Se la delinquenza minorile è il più grande problema politico dell'Inghilterra - si è detto apertamente in una seduta del Parlamento - è perché il numero delle famiglie spaccate qui è otto volte maggiore che in Italia».
Ancora una volta abbiamo la conferma della validità di ciò che stiamo sostenendo: la famiglia è realtà che conta. Difenderla, aiutarla, sostenerla è mettere le premesse per un mondo meno infelice. È la qualità dei frammenti che fa la qualità del tutto. La famiglia è un frammento di mondo che ne guida il destino.

LA FAMIGLIA SI ACCENDE IN CUCINA
In cucina si sente il profumo della minestra, il tintinnio delle pentole, lo sfrigolio dell'olio in padella, il tremolio del frigorifero. In cucina vi è il sapore della vita, in cucina si parla, si scherza, si ride, si brontola... In cucina ci si educa l'un l'altro senza pensare di educare. In cucina si sente il tepore della famiglia. In cucina si pratica l'arte di rendere felici gli altri con buoni piatti. Stupendo! Sì, perché si può dire 'amore' anche ai fornelli. La tavola apparecchiata con gusto, un piatto fatto con amore rafforzano il matrimonio e rafforzano la famiglia. Una casa senza cucina è come un alveare senza ape regina.

IL DECALOGO DEL GENITORE
Primo: non urlare (salvo una volta alla settimana).
Secondo: non strafare (la mamma troppo valente fa la figlia buona a niente).
Terzo: ricordati di amare (la nostra influenza arriva fin dove arriva il nostro amore).
Quarto: fa' il bene prima di parlarne (nell'educazione sono vietate le recite).
Quinto: impara a parlare (le armi possono vincere, le parole convincere).
Sesto: ricordati di essere ciò che vuoi trasmettere (la parola è suono, l'esempio è tuono).
Settimo: non desiderare d'esser perfetto (l'acqua troppo chiara non ha ranocchi; zoccolo troppo levigato scivola sul bagnato; anche le scimmie cadono dagli alberi).
Ottavo: non dimenticare di pregare (a pregare non si sbaglia mai).
Nono: non perdere il sorriso (i genitori che non si divertono ad educare hanno sbagliato mestiere).
Decimo: non desiderare un figlio diverso da quello che hai. Abbi rispetto per quello che è.

RIDERE IN FAMIGLIA

Matrimonio e personalità
Il figlio domanda al papà:
“Papà è vero che il matrimonio modifica la personalità?”.
“Certo, figliolo! Prima di sposarci io parlavo e lei ascoltava. Qualche tempo dopo il matrimonio, era lei che mi parlava ed io ascoltavo. Adesso parliamo tutti e due insieme e sono i nostri vicini che ci ascoltano”.

Piccolo Stato
Un padre si confida con il miglior amico:
“La mia famiglia è come un piccolo Stato. Mia moglie è il ministro degli Interni. Mia figlia è il ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni. Mio figlio è il ministro del Turismo. Mia suocera è il ministro della Guerra!”.
L'amico: “E tu sei il Presidente del Consiglio?”.
“Io? Io sono il povero contribuente!”.

Tesoro
Pierino: “Tu mamma mi chiami sempre 'Tesoro'. Quanto posso valere?”.
La mamma: “Milioni e milioni!”.
Pierino: “Allora potresti, per favore, anticiparmi cento euro?”.




venerdì 17 luglio 2015

Parliamo ancora della famiglia: la famiglia perchè?



Insomma, perché la famiglia?



Di PINO PELLEGRINO, da Bollettino salesiano giugno 2015


Parliamo di fatti provati in lungo e in largo da migliaia di psicologi i quali hanno accertato il bisogno innato di amore di ogni neonato umano. Bisogno che, per essere soddisfatto, deve avere questi caratteri: essere costante, personalizzato e totale.
Secondo noi, le ragioni di fondo che spiegano il perché della famiglia, intesa come nucleo di società umana formata da un uomo e da una donna che hanno intenzione di perdurare nella loro unione e di aver figli, le ragioni di fondo, dicevamo, sono due.

La prima è il fatto che l'uomo ha un innato bisogno di appartenenza.
 
Nessuno ama essere figlio di nessuno!
In altre parole, tutti nasciamo con il bisogno di una qualche paternità e maternità. 


Un bisogno innato e così naturale per cui al piccolo dell'uomo non interessa tanto (si noti!) chi lo mette al mondo; interessa chi si prende cura di lui!
Se i tre o quattro bambini che nascono mentre state leggendo questa riga potessero parlare, direbbero: “Non siamo pietre: non ci basta esistere. Non siamo piante: non ci basta respirare. Non siamo bestie: non ci basta mangiare. Siamo uomini: abbiamo bisogno che qualcuno ci guardi: bisogno d'essere fatti propri da qualcuno!”. 

Ecco: siamo così fatti, d'aver tutti bisogno di un secondo cuore. Chi lo trova, vive; chi non lo trova, muore. Non stiamo scrivendo sopra le righe. Stiamo parlando di fatti provati in lungo e in largo da mille psicologi i quali hanno accertato al cento per cento il bisogno innato di amore di ogni neonato umano.
Bisogno che per essere soddisfatto deve avere questi caratteri: essere costante, personalizzato e totale. 

Ebbene, solo un grembo familiare può dare al piccolo un amore con questi tre connotati. Ci spiace che lo spazio ci impedisca di provarlo nei dettagli (l'abbiamo fatto altrove).
Ma, pur nella brevità, desideriamo che si sappia che siamo proprio convinti di ciò che diciamo, cioè che la famiglia è l'istituzione ideale per soddisfare il bisogno di appartenenza, il bisogno naturale d'amore dell'essere umano con i tre connotati accennati. 

Qualora si trovasse un'istituzione che rispondesse meglio a tale necessità di fondo, saremmo i primi ad abbandonare la famiglia e ad abbracciare la nuova soluzione. Ma fino ad oggi non si è trovata! Né, siamo convinti, si troverà mai, a meno che non cambi l'identità dell'uomo!

La seconda ragione che spiega il perché della famiglia è il fatto che l'uomo, tra tutte le specie animali, è quello che nasce il più inetto. 
 
Potremmo dire che nasciamo, tutti, troppo presto; a differenza degli animali che nascono non inetti, ma atti!
Il piccolo della giraffa, ad esempio, riesce a stare dritto sulle proprie gambe appena venti minuti dalla nascita; lo stesso vale per i pulcini della gallina, per i piccoli dei passerotti, delle quaglie, subito pronti per la vita autonoma.

Il piccolo dell'uomo, invece, dopo la nascita ha bisogno di continuare a nascere.
Ciò può avvenire (è qui che scatta il ragionamento!) solo se vede qualcuno che già viva da uomo e gli faccia da modello. L'uomo cresce solo all'ombra di un altro uomo.
Anche questa è una legge naturale, come quella del secondo cuore. 

Non è il rapporto con le cose che ci fa crescere; neppure il rapporto con gli animali, ma solo il rapporto con altri uomini cresciuti.
In una parola: il bambino, per crescere, ha bisogno di incontrarsi, fin dalla nascita, con un uomo ed una donna 'adulti', nel senso proprio della parola (adulto, cioè cresciuto). 

Fin dalla nascita, abbiamo detto.
È abbondantemente provato, infatti, che sono i primissimi anni a guidare la vita intera.
È impossibile crescere uomini se non si è accolti amorevolmente, fin dalla nascita, da qualcuno che ci insegni i primi elementi della grammatica umana. 

Tiriamo la somma: il bisogno del grembo familiare è scritto nel nostro DNA sia per soddisfare il bisogno innato di appartenenza, sia per la necessità di imparare a vivere da umani.
A questo punto, le conseguenze corrono logiche.
La famiglia non sarà mai un residuo storico: non è un'istituzione dello Stato né della Chiesa, ma appartiene al diritto naturale. Ha ragione l'antropologa Margaret Mead (1901-1978): “Per quante 'comuni' (convivenze a più) si possano inventare, la famiglia torna sempre di soppiatto”.
Bersagliare la famiglia è sparare alla Croce Rossa! In questo caso dobbiamo concordare con Giuseppe Mazzini (1805-1872): “Non attentate alla famiglia: è un concetto di Dio, non nostro!”.

DITEMI SE NON È UN MARITO STUPENDO!
Una giovane donna tornava a casa dal lavoro, quando con il parafango andò ad urtare il paraurti di un'altra auto.
Si mise a piangere quando vide che era una macchina nuova, appena ritirata dal concessionario.
Come avrebbe potuto spiegare il danno al marito?
Il conducente dell'altra auto fu comprensivo, ma spiegò che dovevano scambiarsi il numero della patente ed i dati del libretto.
Quando la donna cercò i documenti in una grande busta marrone, cadde fuori un pezzo di carta.
In una decisa calligrafia maschile c'erano queste parole: “In caso di incidente, ricorda, tesoro, che io amo te, non la macchina!”.
Parole d'oro che riportarono la primavera nel cuore della donna!

DITEMI SE NON È UNA MOGLIE STUPENDA!
“Vi sono donne che dicono: “Mio marito può pescare, se desidera, ma i pesci li dovrà pulire lui!”.
Non io!
A qualunque ora della notte io mi alzo dal letto e lo aiuto a disporre, pulire e salare i pesci.
È così bello noi due soli in cucina, ogni tanto i nostri gomiti accanto. E lui dice cose del tipo: «Questo mi ha dato del filo da torcere. Luccicava come l'argento, quando balzò in aria...!». E mima il salto con la mano. Attraversa la cucina, come un profondo fiume, il silenzio del primo incontro.
Infine i pesci sono sul piatto, si va a dormire.
L'aria balugina d'argento: siamo marito e moglie”. (Adelia Prado)