Il Cristiano:
una finestra
aperta verso il mondo
per parlare col
cuore,
amare,
condividere
Per molti anni si è creduto che
il cuore fosse la sede dei nostri sentimenti, i suoi battiti segnalavano i
nostri atteggiamenti di rabbia, di dolore, di sofferenza, di gioia, di
serenità, di allegria, di amore, di odio. Soprattutto si è creduto che cuore
fosse sinonimo di amore. Da esso scaturiva quella forte energia che ci
indirizzava verso gli altri, genitori, figli, parenti, amici, quella situazione
che ci faceva stare bene con noi stessi e con gli altri. Sì, perché amare è un
verbo che ci mette in relazione con gli altri, che ci fa usare le parole giuste
per comunicare, che guida i nostri occhi ad incontrare quelli di altre persone
in una intesa velocissima e profonda, istintiva.
Amare è farsi capire e cercare
di capire l’altro, mettere insieme i nostri modi di vivere e sentire; amare è
mettere in comunione il nostro essere, e solo amando si può raggiungere
l’altro.
Succede che quando amiamo una
persona abbiamo bisogno di sentire i battiti del nostro cuore: più forte è
l’intensità del nostro amore e più frequenti e veloci saranno i battiti di
questo muscolo che a volte sembra scoppiare.
I battiti del cuore in una
persona che non ha mai amato o che non ama possiamo paragonarli all’esito di un
elettrocardiogramma piatto: un cuore insensibile.
Spesso, non ci facciamo caso, i
nostri discorsi trasmettono parole aride, senza afflato che non dicono e non
parlano con amore, non raggiungono l’altro, annoiano anziché entusiasmare.
Amare vuol dire dirigersi verso
l’altro con affetto sollecitando risposte, assensi, condivisione. Possiamo
essere molto intelligenti, uomini di cultura, ma la nostra intelligenza e la
nostra cultura se non sono accompagnate da sentimenti di vita nella
trasmissione agli altri, sono rintocchi di una campana stonata. Uno scienziato
davanti ad una scoperta esulta di gioia quando trasmette ad altri la sua
scoperta e il suo entusiasmo è contagioso, i battiti del suo cuore sono alle
stelle, egli ha parlato con il cuore.
Un professore che trasmette il
suo sapere senza entusiasmare avrà degli allievi passivi, non partecipi,
annoiati.
Intelligenza e cuore è possibile
metterli insieme?
Sarà possibile se ne siamo
veramente convinti, se veramente vogliamo stabilire un contatto di vita con gli
altri, intavolare un dialogo tendendo allo scambio delle ricchezze personali.
Il dialogo è la strada scelta da
Dio per realizzare il Suo Regno d’amore, è il mezzo che rende la storia di salvezza
una nuova creazione, è la via attraverso la quale noi collaboriamo con Dio nel
costruire la sua Chiesa, il suo Regno.
Prima regola del dialogo non è
il parlare ma l’ascolto, l’ascolto paziente, non annoiato, senza fretta di dire
la nostra. L’ascolto ci fa conoscere l’altro, il nostro interesse nel conoscere
l’altro prepara le nostre parole ad essere più incisive e appropriate e lo
saranno se parliamo con il cuore, animati da una fiducia reciproca. Solo così
acquistiamo l’autorevolezza di parlare al cuore dell’altro.
Da qui l’invito, se invitati a
parlare, a preoccuparci di conoscere il pubblico, il suo modo di vivere, la sua
preparazione culturale e quant’altro…Parlare con il cuore si chiama vuol dire
conoscere l’altro.
Ricordiamo ciò che dicevano di
Gesù: “ Nessuno ha mai parlato come Lui”. Sì, perché la gente vedeva che
parlava con autorità e saggezza, che i suoi atteggiamenti erano di compassione
e amore per il popolo, era da parte della gente, uno di loro, un amico. Il
parlare di Gesù non esprimeva voglia di potere ma solo sentimenti di
attenzione, di amore, di servizio.
Gesù parlava con l’autorità di
Figlio di Dio: non crediamo mai per un
solo momento di essere infallibili.
Dialogare vuol dire che anche
l’altro può arricchirmi, che io possa sbagliare ed essere corretto a mia volta.
Dialogare è non dare niente per scontato perché:
“Occorre a questo scopo far
nostra l’antica sapienza che, senza portare alcun pregiudizio al ruolo
autorevole dei pastori, sapeva incoraggiarli al più ampio ascolto di tutto il
Popolo di Dio” (Giovanni Paolo Secondo).
“Spesso a uno più giovane il
Signore ispira un parere migliore” (san Benedetto).
«Pendiamo dalla bocca di tutti i
fedeli, perché in ogni fedele soffia lo Spirito di Dio»” (San Paolino di Nola).
“ I santi rivelano con la loro
vita l’azione potente dello Spirito che li ha rivestiti dei suoi doni e li ha
resi forti nella fede e nell’amore. Ogni cristiano è chiamato a seguirne
l’esempio, cogliendo il frutto dello Spirito, che è amore, gioia, pace, magnanimità,
benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Educare alla vita buona
del Vangelo,22).
“Promuovere un’autentica vita
spirituale richiesta, oggi diffusa, di accompagnamento personale. Si tratta di
un compito delicato e importante, che richiede profonda esperienza di Dio e
intensa vita interiore. In questa luce, devono essere attentamente vagliati i
segni di risveglio religioso presenti nella società: essi possono rivelare
l’azione dello Spirito e la ricerca di un senso che dia unità all’esistenza”
(ibidem, 23.)
Essere come un libro aperto.
La catechesi deve sempre tornare
alla novità del cristianesimo. Solo quando questo avviene, le persone si
sentono ogni volta di nuovo “trafiggere” il cuore nell’incontrare Cristo. In
questo senso, se esiste un “primo annunzio” che è previo alla catechesi, esiste
anche una “prima evangelizzazione” che avviene dentro la catechesi dell’IC e
che la deve contraddistinguere”.(Antonio Leonardo, quali orientamenti per il
rinnovamento dell’iniziazione ELLEDICI)
Quando incontriamo una persona
spesso può capitare che nascondiamo le nostre emozioni come se volessimo
nascondere qualcosa, ovvero abbiamo paura del giudizio dell’altro. Le emozioni
debbono invece essere una risorsa per farsi conoscere, per accompagnare le nostre
parole, per comunicare meglio quello che abbiamo dentro che ci rende testimoni
della nostra vita, della nostra fede. Le emozioni che accompagnano le parole
suscitano emozioni, aiutano la comprensione, fomentano l’amicizia. Sia il nostro parlare sincero, veritiero: sì,
si; no, no. Non lasciamoci schiacciare dalla razionalità, ma siamo emotivamente
intelligenti mettendo la razionalità al servizio del cuore.
“Si deve riuscire a comunicare
dal cuore e con il cuore per arrivare al cuore dell'altro, dando il necessario
spazio ai sentimenti e alle emozioni. Questo significa aprirsi sinceramente
alla cultura del dialogo, dell'uguaglianza e della parità dei diritti. Entrare
in una dimensione comunicativa e relazionale vera, autentica, profondamente
gratificante, alla base della quale ci sono sentimenti importanti come la
fiducia, la tolleranza, l'empatia, l'amore e il rispetto per l'altro. Tutto
questo è intelligenza emotiva! Ed è quello che serve per creare sintonia
comunicativa, cultura del dialogo, simmetria relazionale, convergenza sugli
obiettivi e, in ultima analisi, un risultato finale reciprocamente
soddisfacente, che consente ad entrambi di vincere e di sentirsi Ok” (Dott.
Angelo Battista, benessere.com.)
Parlare con il cuore sviluppa
l’orientamento al dialogo che nasce man mano che ci si conosce, si condivide,
si lavora insieme: insieme si vince e si perde trovando sempre la strada per
continuare o ricominciare.
“Un passo degli Atti degli
Apostoli esprime in maniera splendida questo. “All’udire queste cose si
sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro: che cosa dobbiamo fare?” (At
3,37).
“Un cuore trafitto è un cuore
che è stato conquistato, che è stato persuaso, che ha intuito una possibilità
nuova. La “trafittura del cuore” non è semplicemente un momento previo
all’Iniziazione cristiana, è la forza e la bellezza di essa. Certamente
l’essere attratti dal cristianesimo precede la catechesi, poiché una persona
chiede di essere accompagnata in un cammino di iniziazione solo dopo che ha
almeno intuito il valore della proposta cristiana, ma questa “attrazione” non
può essere data come avvenuta una volta per tutte.
Al contrario, la forza
Un esempio di comunicazione
profonda:
“La mia professione di
insegnante mi pone quotidianamente di fronte alle dinamiche relazionali dei
bambini che, non sempre, sono facili da gestire. All’inizio della mia carriera,
lavorai in una classe particolarmente problematica, conflittuale (aggressività
e casi di bullismo) e con difficoltà socio/culturali. Ricordo che talvolta,
l’esasperazione era tale da arrivare ad urlare quasi istericamente, nel vano
tentativo di farmi ascoltare. Un giorno un bambino mi guardò dritto negli occhi
e con aria arrabbiata ma molto consapevole mi disse: ”Quando urli così mi fai
spaventare. Io ti ucciderei!”. Fui favorevolmente colpita dalla capacità e dal
coraggio del bambino di esplicitare un contenuto così forte ad un adulto e, in
qualche modo, ne fui orgogliosa perché voleva dire che il bambino si sentiva al
sicuro nella possibilità di esprimere il suo sentire. Avevo lavorato bene! Una
parte di me sentiva giusta la rabbia di quel bambino e comprendeva la sua paura
ma l’altra sentiva il bisogno di comunicare anche le sue emozioni….”Mi spiace
d’averti fatto spaventare ma quando cerco di parlare con voi e non mi date
retta, mi sento invisibile, è come se non ci fossi. Questo mi fa star male ed è
questo il motivo per cui urlo. Ti è mai capitato di sentirti così?” Il suo
volto si illuminò.” Sì, con i miei genitori quando non mi ascoltano. Sto male e
spaccherei tutto!”. Da quel giorno, non smisi di urlare all’occorrenza ma ogni
volta che succedeva, uno sguardo di intesa ci univa. Si era creata un’alleanza
fondata non sulla facile “seduzione” del potere dell’insegnante ma sulla
fiducia e sulla com-prensione col cuore”. (Monica Fonti, su www.naturopataonline.org)
Gesù insegnava e tutti ne
facevano grandi lodi
Maestro buono cosa devo fare per
seguire te e per dedicarmi agli altri e parlare col cuore?
Questa è la domanda che ogni
cristiano, ogni operatore di catechesi deve porsi, in un dialogo continuo col
Maestro. Vangelo in mano per leggere, riflettere sul metodo di Gesù. Scopriremo
che è stato un grande amico, l’amico più grande che sia mai esistito, l’amico
che ha amato tutto il mondo fino a sacrificare la sua vita per amore degli
uomini.
“Questo è il mio comandamento: che
vi amiate, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare
la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi
comando”.
(Giov 15,12-14).
Gesù ha lasciato dei segni per
dimostrare la sua divinità operando prodigi e anche miracoli ed ebbe a dire: “
Se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte:
spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile” (Mt
17,20).
Essere amici, avere fede in Lui,
vivere una vita alla sua presenza per mostrarsi agli altri ed agire come il
Maestro.
Gesù era un grande osservatore, uno
scrutatore di cuori, ricordiamo il giovane ricco, Nicodemo, La Samaritana, Pietro...
Gesù era una grande parlatore,
capace di arrivare al cuore dei semplici, dei poveri di tutti i bisognosi,
ricordiamo le Beatitudini, le
parabole molto vicine nel significato alla vita quotidiana di chi l’ascoltava.
Gesù amava i bambini, anche quando
stanco li voleva vicini: ”lasciate che i bambini vengano a me”, li segnalava
come esempio per chi voleva raggiungere il Regno dei cieli…
Gesù non disdegnò mai nessuno
sempre in cerca di ogni uomo, ricordiamo la pecorella smarrita e il buon
pastore, l’obolo della vedova… ma anche severo per chi in mala fede
scandalizzava i fratelli, o uno dei più piccoli…
Gesù è al servizio di tutti: “ il
Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua
vita in riscatto per molti” (Mt 20,28), e vuole che chi lo segue faccia lo
stesso.
Gesù si adoperò in tutti i modi per
radunare i figli di Israele fino all’inverosimile, convinto della verità che
predicava ( Lui è verità): “ Alcuni farisei tra la folla gli dissero: ”Maestro,
rimprovera i tuoi discepoli”. Ma egli rispose: “Vi dico che, se questi
taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19,39-40).
Gesù pianse: ricordiamo Lazzaro, e
poi per Gerusalemme: “ Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di
essa, dicendo “ Se avessi compreso anche, in questo giorno, la via della pace.
Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi…non hai riconosciuto il tempo in cui
sei stata visitata” (Lc 19,41-44).
Questi sono solo alcuni esempi del
comportamento di Gesù ma i vangeli, per chi sa leggerli e rileggerli con
attenzione sono una miniera di esempi…
Nessuno ha mai amato come Gesù,
nessuno ha mai parlato col cuore come Lui, nessuno ha mai agito come Lui. A
noi, deboli come siamo, basterebbe mettere in pratica una sola frase del
vangelo per essere bravi discepoli, catechisti, operatori di catechesi,
annunciatori del suo messaggio.
Essere amici di Gesù, seguaci di
Gesù discepoli di Gesù, inviati da Gesù per manifestare al mondo il messaggio
di Gesù significa averlo dentro il cuore per poterlo dare agli altri, bambini,
ragazzi, giovani adulti, con particolare attenzione alla famiglia, piccola
chiesa nella grande Chiesa. Parlare con il cuore per risvegliare nei loro cuori
il seme divino in loro addormentato ma non morto, che aspettano un segnale per
riprendere la strada, la via da lui indicata, la verità per tutte le genti di
ogni razza e nazionalità, rivivere una vita degna di ogni uomo figlio di Dio,
consapevoli che Gesù è la Via,
la Vita, la Verità.
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