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martedì 8 gennaio 2013

Catechista: la Chiesa di Gesù oggi ti chiede chi sei e chi potrai essere…



Non è più tempo per stare a guardare, ma cercare l’altro

per camminare insieme






La  Conferenza episcopale italiana ha presentato un programma di catechesi per un decennio di pastorale (2010-2020) per un rinnovamento, per evangelizzare in modo diverso, o come dice il titolo “educare alla vita buona del Vangelo”.

Ma cosa vuol dire “educare alla vita buona del Vangelo”?
Chi educa chi? L’uomo di oggi non accetta certe imposizioni, per lui l’autorità sia civile che religiosa in ogni campo perdono terreno e credibilità.

Sarebbe piaciuto per esempio: Cerchiamo insieme la vita buona del Vangelo, Riscopriamo la vita buona del Vangelo, Edifichiamoci con la vita buona del Vangelo…


Il Papa, i vescovi sono maestri della dottrina di Gesù, è loro compito e missione dare degli orientamenti nelle comunità dove sono stati chiamati ad essere pastori assieme ai loro ministri e collaboratori, senza dimenticare quella parte “laica”, spesso considerata manovalanza, ma che può e deve avere un ruolo importante nella ricerca della vita buona del vangelo, diventando anche loro protagonisti e testimoni.
Spesso sono manovalanza i laici che partecipano al consiglio pastorale parrocchiale, i catechisti che devono arrangiarsi in qualche modo per quell’ora di catechesi, i gruppetti parrocchiali che qualcosa cercano di fare ma senza influenza nella comunità…



Il documento CEI nell’introduzione punto 6 dice: “Invitiamo specialmente i presbiteri e quanti condividono con loro il servizio e la responsabilità educativa ad accogliere con cuore aperto questi orientamenti: essi non intendono aggiungere cosa a cosa, ma stimolano a esplicitare le potenzialità educative già presenti, aprendosi con coraggio alla fantasia dello Spirito e al soffio della missione. Solo una educazione che aiuti a penetrare il senso della realtà, valorizzandone tutte le dimensioni, consente di immettervi germi di risurrezione capaci di rendere buona la vita, di superare il ripiegamento su di sé, la frammentazione e il vuoto di senso che affliggono la nostra società”.



 Molte parrocchie conservano ancora le vecchie usanze per quel dieci per cento di credenti che frequentano ancora: precedenza ai sacramenti, evitare il peccato, predicare sempre ciò che si deve fare o evitare, mentre assistiamo ad un continuo allontanamento di molti, soprattutto giovani che scompaiono quasi tutti dopo aver ricevuto la cresima, una pastorale conservatrice della tradizione popolare, che non guarda ai segni dei tempi come chiedeva e chiede ancora il Concilio Ecumenico Vaticano II: attenzione all’uomo, alla famiglia!

 
A questo punto tante  domande vengono in mente:

che ruolo avranno i laici in questo rinnovamento? Abbiamo laici preparati che hanno vissuto in prima linea e con delega responsabile una sana pastorale?

I consigli pastorali saranno chiamati ad esporre i loro pareri, le loro critiche, le loro aspirazioni, a partecipare attivamente?

Chi ascolterà i catechisti e i vari operatori di catechesi? Chi interpellerà le famiglie?

 Chi andrà a cercare i giovani per ascoltare le loro ansie, le loro aspettative, i loro malumori, i loro dinieghi, per stare insieme a loro e condividere la propria fede?

Staremo a vedere e, per quanto sarà possibile, chi ci crede non dovrà stare zitto.


Per questo “chi educa chi”? in un’epoca in cui tutti, se impegnati, vogliamo e dobbiamo dare il contributo con i doni e carismi ricevuti dallo Spirito Santo.
In tutte queste domande e molte altre che potremmo fare, cosa pensiamo di scoprire per poi dare inizio ad un lavoro d’insieme, a piccoli passi, per cercare la vita buona del Vangelo?
Riusciremo a scoprire quel richiamo divino che è in ognuno di noi, fin dalla creazione, quando Dio ci creò a sua immagine e somiglianza?
Riusciremo a comprendere che Dio si fa conoscere dall’uomo più per quello che fa per noi che per quello che veramente è, capire veramente e abbracciare l’amore di Dio per l’uomo?


Riusciremo a leggere le Scritture e i vangeli cercando di capire, assimilare il comportamento di Dio e di Gesù quale insegnamento pratico pedagogico per il nostro lavoro di una nuova evangelizzazione, un nuovo modo di avvicinarsi agli altri fratelli e condividere con loro il cammino nel rispetto della loro libertà?



Saremo capaci di incominciare umilmente una nuova formazione, dimenticando quello che siamo stati? Riusciremo tutti insiemi ad innamorarci di Dio attraverso la Parola per diventare cristiani veri, discepoli di Gesù? “ Chi accoglie i miei comandamenti, questi mi ama” (Giov 14,21). Riusciremo a parlare con il cuore prima che con l’intelligenza?


Bisognerà prestare attenzione alle persone che vogliamo coinvolgere nella vita buona del vangelo, conoscerle, ascoltarle, capirle prima di inculcare delle verità che non possono capire, che non vogliono accettare perché in contraddizione a quanto loro hanno sempre creduto sinceramente e con retta coscienza, ovvero sono rimaste nell’ignoranza della vera fede senza capire che essere cristiani è vivere seguendo Gesù che si è fatto uomo come noi per attirarci al Padre, che è rimasto con noi nello Spirito e che verrà nella gloria per dare al mondo una vita eterna felice.




E qui parliamo di tutto il popolo cristiano vicino e lontano, bisognoso di un nuovo approccio alla vita buona del Vangelo di cui siamo alla ricerca.
Non dovrebbe essere questo un punto di partenza di ricerca per creare un po’ alla volta il “noi” di comunità cristiana che oggi non esiste più, prevalendo un individualismo tremendamente esagerato in molte attività parrocchiali? Sì, le pratiche educative, pastorali, devono in molte parrocchie cambiare e diventare un credere, un fare insieme, un crescere e vivere insieme la carità.



C’è bisogno di giovani/e catechisti rinnovati, disponibili all’ascolto, al dialogo, a camminare insieme, a condividere la propria vita, le sfide e le provocazioni con spirito di amicizia e fratellanza. C’è bisogno di uomini e donne, mariti e mogli che aiutino  attraverso la testimonianza delle proprie famiglie a far crescere il piccolo popolo di Dio di cui fanno parte.



Non bisogna stare a guardare, ma andare a cercare l’atro, gli altri per camminare insieme, fare diventare il Vangelo itinerante, sempre in camminino verso e con l’uomo.





E’ urgente che i ragazzi possano avere degli interlocutori disponibili ad ascoltarli e a camminare con loro, condividendone le aspirazioni e le domande, le sfide e le provocazioni con spirito non paternalistico ( e autoritario), ma amicale e sereno…






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